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Effetto della disattivazione di pattern di attività correlati alla reattività a segnali correlati al fumo nella dipendenza da nicotina

La dipendenza da nicotina è tra le principali cause prevenibili di malattia e morte nel mondo. Con il 75% dei pazienti con dipendenza da nicotina che non rispondono in modo completo al Gold Standard Programme (un intervento comprensivo che consiste in sessione di insegnamento basate su un manuale, unito a terapia sostitutiva di nicotina), gli alti tassi di ricaduta durante il follow-up a lungo termine rimangono una caratteristica chiave della dipendenza da nicotina. Pertanto, esiste una forte esigenza per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per questo problema.
Il neurofeedback, una procedura psicofisiologica che aiuta i partecipanti ad autoregolare la lora attività cerebrale, sta suscitando un interesse crescente tra i neuroscienziati clinici e di base. Clinicamente, il neurofeedback, è stato usato in molti disordini psichiatrici, tra cui il disturbo di deficit di attenzione/iperattività, depressione, ansia e dipendenza da droga. Inoltre, studi recenti di neurofeedback con risonanza magnetica (RM) funzionale, indicano una preliminare efficacia nella riduzione del craving per le sigarette in fumatori. Tuttavia, la possibilità di convertire il neurofeedback con RM funzionale in un intervento clinico ampiamente disponibile è discutibile. Per contro, l'elettroencefalogramma (EEG) è una tecnica di imaging cerebrale relativamente poco costosa e portatile che può essere facilmente implementata in qualsiasi localizzazione e tiene un potenziale più grande per diffondersi nell’uso clinico rispetto al RM funzionale. Precedenti protocolli di neurofeedback basati su EEG sono stati usati per il trattamento della dipendenza da droghe per più di quattro decadi. Usando questi protocolli di addestramento, i pazienti hanno ricevuto la potenza di una frequenza EEG singola e fissa e hanno potuto auo-regolare il segnale. Molti di questi lavori si sono concentrati sulla facilitazione del rilassamento e sulla riduzione dell’ansia. Tuttavia, l’efficacia sulla dipendenza da droga è stata classificata solamente come “probabilmente efficace” secondo il report della Association for Applied Psychophysiology and Biofeedback e dell’International Society for Neurofeedback and Research. In aggiunta, studi recenti hanno messo in dubbio anche questa evidenza, rendendo necessarie nuove valutazioni di questa tecnica.
L’efficacia di questi approcci di neurofeedback EEG tradizionali per le dipendenze rimane dubbia, in parte perchè i processi di dipendenza coinvolgono molti modelli cognitivi complessi e i precedenti studi di neurofeedback hanno maggiormente utilizzato come target l’arousal o l’ansia. Invece, segnali di reattività alla droga possono evocare l’impulso della ricerca della stessa nella dipendenza. Lavori precedenti degli autori indicano che la reattività a segnali correlati al fumo è una caratteristica centrale della dipendenza da nicotina e può predire la vulnerabilità alla ricaduta, fornendo supporto per una relazione causale tra la reattività al segnale e la ricaduta. Pertanto, la riduzione della reattività cerebrale a segnali correlati al fumo ha il potenziale di migliorare gli outcome della cessazione del fumo.

Studi recenti di EEG hanno riportato che la reattività a segnali correlati al fumo è un’attività cerebrale con un pattern complesso che coinvolge multiple caratteristiche EEG, includendo sia domini temporali (come P300, onde lente positive) che di frequenza (oscillazioni alfa). In questo lavoro è stato valutato un nuovo paradigma di neurofeedback EEG, nel quale i pattern di attività cerebrale corrispondenti a segnali correlati al fumo vengono ripetutamente disattivati. Si tratta di uno studio in doppio cieco, randomizzato e con controllo placebo nel quale si sono inizialmente definiti i pattern attraverso analisi di pattern multivariati (MVPA) per identificare quelli associati ai segnali correlati al fumo e successivamente i partecipanti sono stati allenati a disattivare questi pattern. Per migliorare la vigilanza dei partecipanti durante il neurofeedback, quanto più efficacemente disattivavano i pattern per i segnali correlati al fumo, tanto più venivano mostrate immagini meno provocatorie, fornendo un rinforzo positivo al successo. La componente P300 del potenziale evento-correlato evocato da un segnale correlato a una sostanza è caratteristica dei disordini di abuso di sostanze in generale e le ampiezze di P300 sono state trovate correlate al craving di sigarette. Pertanto, l’effetto a breve termine sul craving di sigarette e la componente correlata al craving P300 sono state comparate prima e dopo il neurofeedback in due sessioni distinte. Il consumo di sigarette è un altro problema cruciale della dipendenza da nicotina. Gli effetti a lungo termine sul consumo quotidiano di sigarette sono stati esaminati alle tre visite di follow-up fino a quattro mesi post-allenamento. I biomarker di neuroimaging spesso forniscono migliori predizioni sulla risposta al trattamento rispetto alle misure con scale comportamentali. Evidenze emergenti suggeriscono che caratteristiche neurofisiologiche precoci potrebbero essere particolarmente utili nel predire gli effetti del neurofeedback, incluso l’iniziale abilità del paziente a regolare l’attività neuronale e la facilità con cui vengono generati i pattern di attività. Pertanto, gli autori, hanno altresì esaminato se questi comportamenti a breve e lungo termine potessero essere predetti in base a una accurata classificazione dei pattern di attività neurale pre neurofeedback e le performance di deattivazione durante il primo ciclo di neurofeedback rispettivamente.

Il protocollo sperimentale consisteva in quattro stadi: visita alla baseline, due sessioni di allenamento al neurofeedback, sessione post-allenamento e visita di follow-up. Per quanto riguarda il compito di reattività, i partecipanti erano istruiti per guardare delle immagini mostrate su uno schermo (animali, neutre e segnali correlati al fumo) e a premere un pulsante il prima possibile quando compariva un animale. L’allenamento al neurofeedback consisteva di due parti: inizialmente sono stati classificati in modo personalizzato i pattern di attività EEG corrispondenti ai segnali correlati al fumo e neutri. In seguito, ai partecipanti e’ stato chiesto di disattivare ripetutamente i loro pattern di attività EEG correlati al fumo in tempo reale, in caso di successo, la curva di feedback presentata al soggetto si abbassava, facendoli quindi comprendere la buona riuscita della loro strategia per diminuire il craving. La performance cumulativa finale e’ stata poi anche traslata in una ricompensa in denaro. Dopo ciascuno sessione di allenamento, e’ stato chiesto di praticare le strategie che avevano funzionato meglio per loro durante il neurofeedback. Al gruppo di controllo sono stati mostrati tracciati EEG di altri soggetti.

I risultati hanno mostrato una riduzione del craving per le sigarette al follow-up nel gruppo con neurofeedback reale rispetto ai controlli. La differenza significativa indica che i pattern di reattività a segnali correlati al fumo giocano un ruolo cruciale nel cambiamento del craving. La correlazione significativa osservata tra la deattivazione media dei pattern di attivita’ e la diminuzione del craving supporta l’ipotesi che la deattivazione dei pattern di reattivita’ conduca a una diminuzione del craving per le sigarette. In aggiunta, questi risultati supportano l’ipotesi che apprendere il controllo di specifici substrati neurali possa modificare aspetti correlati alla salute di alcune funzioni mentali, risultano in un beneficio psicologico o psichiatrico.
E’ stato anche trovata una significativa diminuzione dell’ampiezza di P300 immediatamente dopo l’allenamento di neurofeedback. Questo risultato, in congiunzione al cambiamento del craving per le sigarette, dimostra che il neurofeedback produce effetti sia sui sentimenti psicologici soggettivi, sia sulle performance fisiologiche soggettive.
La diminuzione media del numero di sigarette fumate al giorno durante il follow-up a quattro mesi era di circa il 40% nel gruppo real. Inoltre, e’ stato trovato che la performance media al neurofeedback correlava con il numero di sigarette fumate al giorno al follow-up. Questi risultati supportano il concetto che un piccolo numero di sessioni di neurofeedback hanno il potenziale di produrre effetti a lungo termine sia nell’attivita’ cerebrale che nel comportamento. Nonostante ai partecipanti fosse stato chiesto di praticare offline le strategie che avevano funzionato meglio per loro durante il neurofeedback nel breve termine, non sono state fornite loro istruzioni per il periodo di follow-up e non era stato previamente chiesto loro se avesse o meno intenzione di cessare il fumo di sigaretta; lavori futuri dovrebbero prendere in considerazione questi aspetti.
In conclusione, e’ stato sviluppato e testato un nuovo protocollo di neurofeedback per disattivare i pattern di attivita’ EEG di reattivita’ a segnali correlati al fumo, che ha prodotto effetti a breve e lungo termine sul craving per le sigarette e sulle abitudini di fumo. In particolare, il tasso di sigarette fumate e’ diminuito fino al 40% durante il periodo di follow-up di quattro mesi dopo solo due ore di allenamento al neurofeedback. Questi risultati suggeriscono che questo nuovo intervento di neurofeedback sia un promettente trattamento per la dipendenza, con il potenziale di essere a basso costo e ad alta portabilita’.

Effect of deactivation of activity patterns related to smoking cue reactivity on nicotine addiction

Junjie Bu Kymberly D Young Wei Hong Ru Ma Hongwen Song Ying Wang Wei Zhang Michelle Hampson Talma Hendler Xiaochu Zhang

https://academic.oup.com/brain/article-abstract/142/6/1827/5481198?redirectedFrom=fulltext

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