Il riconoscimento delle emozioni è centrale nella vita umana, in quanto le espressioni facciali sono tra i tipi di informazioni sociali più salienti che gli umani neurotipici processano quotidianamente per comprendere le altre persone e navigare con successo nel mondo sociale. Nella storia delle neuroscienze, la maggior parte delle prime teorie dell’emozione, come la teoria di James-Lange, la teoria di Cannon-Bard o la proposta di Papez riguardo i meccanismi neurali delle emozioni, erano formulate da una prospettiva psicologica. Similmente, gli studi di Ekman sul riconoscimento dell’espressione facciale (FER) sono stati profondamente influenti nel suggerire che le emozioni siano innate e processate su una base biologica, seguendo l’ipotesi di Darwin, che ha aiutato a rendere popolare, insieme al concetto di emozioni basiche. In accordo con questa visione, l’esperienza e la percezione di queste emozioni basiche (felicità, sorpresa, rabbia, disgusto, tristezza e paura) sono formate da caratteristiche e risposte neurali diverse che distinguono un’emozione dall’altra.
Lo sviluppo parallelo di teorie fondate sulla psicologia sociale ha introdotto la cognizione che una valutazione cognitiva dell’ambiente sia necessaria per guidare l’etichettatura della stimolazione psicologica. Nelle teorie di valutazione, le emozioni sono pensate essere il risultato della personale interpretazione e spiegazione di un evento, indipendentemente dalla stimolazione psicologica. Questi modelli conducono a una differenziazione delle rappresentazioni cognitive ed emotive e tengono in conto la variabilità individuale. Una visione più integrata delle emozioni è stata sviluppata negli ultimi anni, con l’emergere di teorie costruzioniste e di cognizione incorporata. Secondo la visione costruzionista, le emozioni sono stati mentali costituiti e l’esperienza delle emozioni è un atto di categorizzazione guidata dalla conoscenza incorporata riguardo questa emozione. Il conoscimento delle emozioni pertanto dipende da conoscenze concettuali acquisite che derivano da esperienze precedenti che vengo richiamate durante la percezione. Questa teoria, pertanto, è in contrasto con le teorie tradizionali dell’emozione ed è contraria alla specificità dei correlati neurali di queste categorie.
Indipendentemente da queste categorie, esiste un consenso che la valenza catturi un aspetto essenziale delle emozioni. Emozioni come felicità od orgoglio sono considerate come positive/piacevoli, mentre rabbia, paura e vergogna come negative/spiacevoli. Il processamento della valenza è un passo precoce che precede una interpretazione più sottile dell’espressione di un’emozione. Tuttavia, la valenza ha ricevuto multiple definizioni con il tempo e il suo carattere dicotomico è stato criticato in passato. L’idea di emozioni positive e negative mutualmente opposte è stata giudicata da alcuni come semplicistica e artificiale, risultando in una discussione riguardo l’innata e primitiva natura del processamento della valenza. Come concetto che sembra radicato nella cultura, si può ipotizzare che la valenza sia un costrutto e pertanto non possa essere indipendente dalla memoria semantica. In linea con questa ipotesi, alcuni autori hanno postulato che la conoscenza del concetto di emozione possa essere diviso nei livelli superordinato (valenza) e subordinato (etichette di emozioni), ma i pochi studi hanno specificamente testato questa ipotesi hanno prodotto risultati inconsistenti. Pertanto non è chiaro se la valenza sia indipendente dalla semantica.
Un modello unico per investigare il contributo della semantica a FER e processamento della valenza è fornito dalla variante semantica dell’afasia primaria progressiva (svPPA), anche conosciuta come demenza semantica, una patologia neurodegenerativa che coinvolge le aree frontotemporali ed è caratterizzata da deficit di memoria semantica precoci e severi. Negli ultimi 20 anni, un deficit de FER per emozioni basiche, per lo più quelle a valenza negativa, è stato osservato in svPPA. Al momento, il riconoscimento di emozioni autocoscienti (es. imbarazzo), che coinvolge un’analisi più profonda del contesto sociale, è stato solo raramente investigato. I correlati neurali di questi deficit sono stati anch’essi investigati raramente, comunque l’evidenza indica che le regioni temporali e orbitofrontali sono centrali per il deficit di FER in svPPA, specialmente del lato destro. Riguardo le fibre bianche, la radiazione talamica, l’uncinato e il fascicolo longitudinale superiore sono stati trovati essere implicati.
Riguardo il possibile collegamento tra il deficit semantico e FER, sono stati riportati risultati inconsistenti nei rari studi che lo hanno investigato, ma esiste un consenso generale che indica un deficit primario di FER in svPPA nonostante un impatto relativo sui deficit del linguaggio. Al momento, nessun studio ha esplorato la semantica specifica delle emozioni. Gli autori credono che la conoscenza emozionale tassonomica possa essere facilmente misurata tramite parole affettive collegate a sinonimi di emozioni. In questo studio si sono quindi proposti di: (i) descrivere le abilità FER in svPPA utilizzando presentazioni statiche e dinamiche; (ii) studiare la relazione tra valenza e processamento concettuale durante FER; (iii) esplorare i correlati neurali di FER utilizzando morfometria basata sui voxel (VBM) e immagini DTI. Per superare le limitazioni degli studi passati, gli autori hanno aumentato il numero di emozioni tradizionalmente considerate nel campo, includendo l’autocoscienza (orgoglio, imbarazzo), così come emozioni basiche e hanno fatto analisi qualitative degli errori commessi dai partecipanti. Hanno ipotizzato che il richiamo di collegamenti significativi tra FER e conoscenza concettuale dell’emozione così come il processamento della valenza siano deficitari in pazienti con svPPA.
Sono stati reclutati 20 controlli sani e 16 pazienti affetti da svPPA. Entrambi i gruppi sono stati sottoposti a test di valutazione di concetti emozionali e di riconoscimento di emozioni facciali e a risonanza magnetica. La comparazione dei gruppi ha rivelato deficit sia nella consapevolezza del concetto di emozione e il riconoscimento dell’emozione nei pazienti, indipendentemente dal tipo di emozione e presentazione. Queste misure erano significativamente correlate tra loro in pazienti e con la fluenza semantica in pazienti e controlli. Le analisi delle neuroimmagini hanno mostrato che sia il riconoscimento emotivo che la consapevolezza del concetto di emozione erano correlati con riduzione della densità della sostanza grigia nelle regioni fronto ventrale, temporale, insulare e striatale.
Hanno poi effettuato analisi qualitative delle risposte durante il compito di riconoscimento facciale, distinguendo tra errori di valenza (quando un’emozione era confusa con un’altra con una valenza differente), da errori fatti durante il test di riconoscimento delle emozioni. È emerso che i pazienti effettuavano più errori di valenza. Il numero degli errori di valenza correlava con la consapevolezza del concetto di emozione così come con riduzione del volume della sostanza bianca in regioni cerebrali che già si sanno correlare con questo punteggio. Analisi di specificità hanno permesso agli autori di concludere che questa relazione cognitiva e sovrapposizione anatomica non erano mediate da un effetto generale di severità di malattia.
Queste evidenze suggeriscono che la conoscenza semantica guidi il riconoscimento delle emozioni e sia anche coinvolta del processamento della valenza. Questo studio supporta la visione costruzionistica del riconoscimento dell’emozione e del processamento della valenza e potrebbe aiutare a raffinare le teorie correnti sull’intrecciamento della conoscenza semantica e del processamento dell’emozione.
When affect overlaps with concept: emotion recognition in semantic variant of primary progressive aphasia
Maxime Bertoux, Harmony Duclos, Marie Caillaud, Shailendra Segobin, Catherine Merck, Vincent de La Sayette, Serge Belliard, Béatrice Desgranges, Francis Eustache, Mickaël Laisney
https://academic.oup.com/brain/article/143/12/3850/5998326